In molti sono stati chiamati a resistere negli ultimi due anni. C’è chi da una vita aspettava questo momento e chi invece ci si è ritrovato dentro senza nemmeno capire come. Uomini e donne coraggiose hanno scelto di resistere, ognuno a suo modo, di fronte a quelle che hanno riconosciuto come ingiustizie, a partire dalla gestione della pandemia, per arrivare poi all’approccio alla guerra.
Questi uomini e queste donne hanno avuto il coraggio di dire “no”, resistendo al peso delle discriminazioni, dei ricatti e delle umiliazioni. E che sia giusto o sbagliato quello per cui hanno lottato, sono stati capaci di scegliere, perché, chi più e chi meno, hanno tutti messo a rischio sicurezze e comodità, e si sono contrapposti al pensiero dominante per difendere dei valori in cui credono. Non sono stati tiepidi.
I grandi cambiamenti nella storia sono quasi sempre nati da singoli uomini o piccoli gruppi che, osteggiati dalla maggioranza, hanno dedicato la propria esistenza ad un’ideale di giustizia. Il tempo ci aiuterà a capire che cosa è accaduto in questi anni così intensi, ma il lavoro più duro per questi uomini e queste donne arriva proprio adesso e riguarda il senso profondo della loro resistenza.
Da cosa nascono le nostre gesta? Dalla paura o dalla fiducia?
Quando il “male” si mostra, nella storia, esso costringe coloro che lo sfidano a fare i conti con sé stessi. Se non riusciremo a vedere la perfezione in tutto ciò che accade, se non riusciremo a combattere con la pace nel cuore, a superare le nostre divisioni e ad amare i nostri nemici, allora avremo perso una grande occasione. Ma per fare ciò, non possiamo essere soli; abbiamo bisogno di un collegamento con il divino, in quanto rappresentante della totalità della realtà personale e transpersonale, come ci insegna Carl Gustav Jung.
Non è un caso, infatti, che proprio coloro che nell’ultimo periodo storico si dichiaravano come fautori e promotori del progresso siano stati spesso quelli maggiormente colpiti dall’inganno e dalla corruzione dei propri ideali. Chi, con merito, si era impegnato in battaglie per liberare l’uomo da dogmi e autoritarismi è finito per – utilizzando le parole di Claudio Naranjo a proposito del processo di secolarizzazione – “buttare via il bambino (cioè l’inclinazione al divino) insieme all’acqua sporca” e quindi a perdere lo spirito alla base dei propri ideali.
Nella prima lettera ai Corinzi sta scritto: “Nessuna tentazione vi ha colti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne, affinché la possiate sopportare.”
Ognuno di noi sarà misurato nella propria fede, che significa fiducia ed è strettamente legata alla conoscenza di sé. La fede può riguardare l’uomo religioso, quanto l’ateo o l’agnostico ed è legata alla nostra possibilità di riferirci ad un’immagine di totalità, che qualcuno può trovare in Dio e qualcun altro nell’uomo stesso, nella sua storia, nella natura o nell’evoluzione del cosmo. La partita della resistenza si giocherà su questo terreno. Soltanto colui che riuscirà a rimanere saldo, collegato a sé stesso e alla propria fede, colui che riuscirà a credere profondamente che tutto ciò che gli accade è alla sua portata e ha un senso preciso per la sua vita e la sua evoluzione, riuscirà a resistere.