Mi preme premettere

  • di Lila Veneziani

Uno dei segni più evidenti della crisi della libertà di pensiero nel nostro Paese è questa nuova insopportabile abitudine nel dibattito pubblico a fare premesse prima di esprimere qualsiasi idea che non sia perfettamente supina a quelle del sistema.

Premesso che io sono contro la Russia”, sta alle discussioni di oggi come il “Premesso che io credo nei vaccini” stava a quelle di ieri.

Sono premesse codificate, identiche se non nella forma, di certo nel contenuto e nel tono di chi le esprime.

Un esempio su tutti sono naturalmente gli interventi in tv del prof. Alessandro Orsini, divenuto famoso per le sue lunghe introduzioni, gli affannosi intercalari e le contestualizzazioni teoriche che è costretto a mettere in scena nei suoi ragionamenti “diversi” e, a dire il vero, nemmeno così trasgressivi.

Le sue esposizioni sincopate risultano costantemente trapuntate da questa sorta di “spot pubblicitari” nei quali pare costretto a ribadire fino allo sfinimento il rosario dei comandamenti Nato: Io non sono putiniano”, “Io amo profondamente l’America”, “Io ammetto che la Russia ha invaso l’Ucraina, e così via. Fino a giungere, in un parallelo storico più ampio, a dover addirittura rassicurare che anche lui ritiene che “il principale responsabile della seconda guerra mondiale sia stato Hitler” (!).

Anche gli stessi presentatori sono a volte forzati al medesimo rituale, basti riascoltare Massimo Giletti nel suo “Non è l’Arena” del 24 aprile fare tutto un triste panegirico sulla libertà di parola per poter giustificare di avere invitato in trasmissione sempre lui, il putiniano, paraculo, eretico, “fenomeno da baraccone” Alessandro Orsini.

“Nell’Italia che discute della guerra, c’è un eretico che è seduto di fronte a me. È uno studioso, ha scritto libri molto importanti sul terrorismo, sull’immigrazione. Dice delle cose che sono divisive, scomode? Sì” e allarga le braccia, “Sono scomode e io stesso su alcune di queste sono in contrapposizione all’uomo che ho davanti a me. Però proprio in un periodo di guerra credo che la libertà di parola non possa essere messa in soffitta. Proprio perché noi siamo diversi dagli altri, e accettiamo il confronto dialettico”.

Ora, ci sono diversi punti curiosi della premessa di Giletti. Primo che ufficializza senza fare una piega che un professore universitario colto e preparatissimo possa essere considerato nel nostro “Paese democratico” un eretico. Secondo che senta il bisogno di ricordare,en passant, che la libertà di parola è importante (se qualcuno l’avesse dimenticato). Terzo che noi non siamo “gli altri” – curiosamente e significativamente senza sentire la necessità di specificare chi siano questi altri, dando per scontato, probabilmente a ragione, che la stragrande maggioranza del suo pubblico non abbia necessità di ulteriori spiegazioni.

Ma l’aspetto più importante della premessa gilettiana è che in essa si percepisce un timore, ed è questo che dovrebbe destare allarme. Timore comprensibile da parte del conduttore alla luce della vecchia polemica scaturita in RAI sul programma Carta Bianca attorno al solito “problema” Orsini.

Il fatto che in quell’occasione, a scendere in difesa della libertà di espressione di Bianca Berlinguer, sia stata una senatrice di destra come la Santanchè, e che questo sia avvenuto su un giornale molto poco istituzionale come “Novella 2000”, sono ulteriori elementi preoccupanti e significativi di una cosa sola che forse a Giletti è sfuggita: noi Italiani non siamo affatto diversi dagli altri – ammesso che questi altri (in quanto tali) esistano davvero.

Orsini, però, non è l’unico eretico. Ecco, a mo’ di esempio, anche le premesse dello scrittore Nicolai Lilin che, intervistato all’ “Aria che Tira”, attacca con la solita litania: “Io non sono filo-Putin come sono stato presentato, io sono filo-intelligenza”, con la Merlino che, non paga, incalza affamata di ulteriori conferme: “Quando dici che sei filo-intelligenza è perché Putin non lo è in questo momento?”. E quelle del giornalista “indipendente” per eccellenza – Marco Travaglio: “Sono accusato di essere dalla parte di Putin. Non è vero, non ho mai scritto una riga in vita mia a favore di Putin. L’ho definito autocrate, guerrafondaio e criminale” (“Otto e mezzo”, 30 marzo 2022). E infine anche quelle dell’imprenditore Carlo De Benedetti: “Io parto da due pietre miliari. La prima: non giustifico Putin; lo detesto. Putin è un criminale e un ladro, che con altri trenta ladri ha rubato la Russia ai russi. La seconda: sono e sarò eternamente grato agli angloamericani per averci liberati dal nazifascismo”. Ecco: lo riconoscete qui l’obolo, chiaro e tondo? Sappiate che è stato pagato per poter poi semplicemente affermare l’ovvio, ovvero che “oggi noi europei non abbiamo alcun interesse a fare la guerra a Putin» (Corriere della Sera, 08.05.2022).

Riporto questi semplici appunti con un duplice scopo:

Primo quello di annotarci il nuovo preoccupante galateo dell’opinionista perbene (anno domini 2022) al fine di riconoscerlo e identificarlo quando lo si incontra: non si inizia un’esposizione di pensiero critico senza una genuflessione al potere, nuova tassa sull’opinione.

Secondo quello di suggerire ai pensatori che si ritengano realmente indipendenti di rifiutarsi per principio di fare uso di premesse giustificative ai propri discorsi, anche se stuzzicati e provocati dalla controparte in tal senso. Questo allo scopo di mantenersi ad un altro piano del confronto e scongiurare l’accesso nell’arena del pensiero binario, tanto caro  – da Bernays in poi – a tutti i sostenitori dell’ingegneria del consenso. Perché non bisogna scordarsi che in quell’arena, in ogni caso e qualunque premessa ci si inventi, si è stati invitati per perdere. Tanto vale, quindi, battersi con onore.

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