(Recensione di “Adolescenza – Riflessioni politicamente scorrette”, Giuseppe Lorenzetti, Edizioni EMI, 2022)
“L’adolescenza è un’età di passaggio, un territorio di confine che sfugge a qualsiasi tentativo di definizione. Sforzarsi di capire questa fase evolutiva significa inevitabilmente sforzarsi di capire la società, l’uomo e i suoi misteri.”
Giuseppe Lorenzetti gioca a carte scoperte, svelando il filo conduttore di un’opera breve ed essenziale per chiunque voglia approfondire il significato e le prerogative di un’età cruciale nella crescita dell’individuo. Non già epoca di passioni e di angosce incontrollate, di dubbi e di contrasti generazionali, ma vero e proprio specchio dell’anima sociale che di quei turbamenti è insieme vittima e promotrice, ora negando il nutrimento interiore anelato dal giovane, ora indugiando in propositi di cura e protezione controproducenti, scatenando così “tutta la sua rabbia e la sua frustrazione” verso coloro che per antonomasia ne annunciano la “fine”.
Non casualmente, Hanna Arendt attribuiva al rapporto giovani-adulti una connotazione di preminenza assoluta nel rinnovamento della società, individuando nel suo orientarsi secondo principi di reciprocità il migliore antidoto all’eventualità di un male sempre possibile perché connaturato alle debolezze umane, alla paura della morte e alla tendenza addomesticatrice che ne consegue per fronteggiare una minaccia di estinzione mai tanto utile, e per questo istigata, dall’attuale società dei consumi.
“Nell’educazione si decide se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di sé stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti.” (Tra Passato e futuro, 1961/68).
Adolescenza come luogo di passaggio, “territorio di confine che sfugge a qualsiasi tentativo di definizione”, ma anche ricettacolo di simboli collettivi che domandano l’avverarsi di una relazione biunivoca tra la fermezza del passato e l’incertezza del futuro, tra ciò che è statico e ciò che per dinamismo evoca lo spauracchio della distruzione, tra ciò che è dato per certo e le domande imperiture che rimestano la sorgente di ogni paura umana. L’autore ci accompagna con dolcezza e lucidità tra le ragioni di un invincibile turbamento esistenziale affamato di vita e di comprensione, ma anche di coraggio e necessità di auto-responsabilizzazione, rigettando così le facili stereotipizzazioni di una pedagogia fatalmente sbilanciata verso l’idealizzazione di un’effimera libertà istintuale da preservare e difendere aprioristicamente, e di contro, di una psicoterapia sempre più indirizzata alla patologizzazione del sintomo, sostenuta da un paradigma medico meccanicistico che trova nella sua crescente istituzionalizzazione il congeniale viatico per l’abuso di terapie farmacologiche tra i giovani, con il conseguente svilimento alla radice di qualunque emancipazione dell’individuo.
Da qui le “riflessioni politicamente scorrette” che l’autore riesce a padroneggiare attraverso una chiarezza espositiva e una limpidezza di linguaggio di per se stesse utili allo scopo prefissato di accogliere il lettore, e avvicinarlo a una visione della realtà il più possibile scevra da illusioni sopra le contraddizioni della nostra società e i pericoli strutturali connaturati a retoriche vuote quanto attraenti, e incentrate su un mistificato senso di libertà.
L’adolescente è un essere in divenire, cammina sull’orlo del vuoto nella spasmodica ricerca di una risposta a domande fondamentali rese informi dalla perturbante peculiarità della propria condizione:
“Quello che sto facendo nasce dalla fiducia o dalla paura? Quello che sto facendo mi apre alla vita o mi chiude in me stesso?”
Queste e altre domande affiorano tra le righe dei temi redatti da alcuni giovani studenti cui l’autore dedica la parte finale del suo libro, e sembra un modo per avvertirci che per quanto ci sforziamo di affinare gli strumenti educativi, teorizzare nuovi metodi di analisi e concepire inedite filosofie esistenziali, la voce dell’adolescenza tornerà a ricordarci il suo atavico bisogno di ascolto, e con esso, la possibilità di un futuro.
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